Il
Sammartino, il nostro bianco bobbiese a base malvasia, sauvignon e
ortrugo, è ormai arrivato alla quarta annata (l'ultima delle quali
attualmente è all'interno di una vasca di acciaio, mentre sta per
uscire sul mercato la terza, cioè la 2015); ancora poche per
tracciare veri bilanci, ma sufficienti per iniziare a tirare qualche
somma. Soprattutto in un anno, il 2016, che ha segnato un importante
cambiamento, filosofico e tecnico, per il Sammartino, una specie di
anno zero.
Serve
soprattutto a noi, osservare il cammino di un vino negli anni, per
capirne i caratteri comuni che attraversano le vendemmie e per comprendere
la vigna: capire cosa può dire, come aiutarla ad esprimersi e in
quale direzione.
Il
2013 era, ed è, snello e agile, anche se ha pagato qualche peccato
di gioventù; super snello il 2014, sottile, inizialmente citrino e
tagliente, ora affilato, ma più aperto ed elegante di un anno fa; il
2015 mostra il suo lato sapido al pari di quello grasso, più
articolato, probabilmente è il più completo fino ad ora. E poi il
2016 (40% malvasia, 32% ortrugo, 28% sauvignon), forse l'anno della
svolta, pieno di energico vigore salato, diretto e pure più
malvasioso del solito.
Al
netto delle variazioni percentuali annue delle tre varietà, ci pare
che alcuni caratteri (principalmente gustativi) tornino sempre: la
sapidità, ad esempio, è un punto fermo, così come l'acidità,
anche nelle annate calde tipo 2015. Lo sprint gustativo, insomma, la
vena fresca e spedita c'è ed è come un filo rosso che attraversa la
pur breve storia del Sammartino.
Da
quest'anno poi abbiamo intrapreso una strada per noi nuova, abbiamo
chiuso un capitolo che negli anni ci ha aiutato a capire e a
conoscere, ma che ormai rischiava di diventare una gabbia e ne
abbiamo aperto un altro, con tutta una serie di questioni inedite da
affrontare. Un salto di pagina che origina interrogativi ed apre
tante porte che, nel bene e nel male, faranno crescere la nostra
consapevolezza.
Per
fare il vino buono è essenziale avere la terra giusta e l'uva buona,
certo, ma bisogna avere anche testa fredda, nervi saldi, cuore e
culo. Come tutto ciò si incroci nell'arco di un'annata per arrivare
a comporre quello che finisce dentro una bottiglia è piuttosto
incasinato, ma è ciò che accade. Testa fredda e nervi saldi per non
farsi prendere dal panico e fare meno cazzate possibili; cuore
(intuito, sensibilità), l'ingrediente più bello da dire, ma non
necessariamente il più importante; culo, e il culo è culo, e quasi
sempre ci vuole anche quello per fare buoni vini.
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